Visto di fronte
E la tramoggia ruotava
nella parte destra del mulino
mentre scomparivi nell'ovale lattiginoso
Dell'alba marzolina.
Riusciamo ancora a centellinare
Le nostre ossa sui talenti d'oro
E forzare il Karma come ladri del destino.
Abbiamo lasciato che le nostre cellule
Grippassero come motori di falcia erba
Impazziti.
Saliva dal fango il solco del tuo passo
Inviluppato nello stupore
Dei racconti della madre morente,
di quando sull'uscio di noce
versava lagrime sullo scollo
delicato e latteo del seno sciallato
di verde turchino.
Torna bambino il silenzio
Nel ronzare dei mosconi del vino,
ebbro delle favole affumicate
come larve del tempo
dal ludibrio del ceppo oscillante
a far luce rossastra sulla madia dei nonni.
Scintille riflesse dai vetri a piombo
Levigati come il simulacro
Della madonna del rosario
All'angolo del portico, turbinato di rose canine.
E mi rinviene la tua voce dai toni alti
E il profilo di stemperati disegni a secco
La veste blu elettrico trascinata nel grano
piegato da striature lasciate da piedi nudi
E dita affusolate di seta cinerina.
E mordere l'osso di seppia
Della vecchia foto del porto dalla vele fiaccate.
Giunse sul limitare della lingua
Il sapore di latte caprino, a sciogliere
Il corpo tozzo del pane in afrore di lievito fiorito.
E venne la mia sera,
svagata di sonno e di magnolie dolenti,
contro l'abbraccio del buio.
Firenze 30.6.06 (Raccolta Il Ditale di vetro)
